Quante volte avete sentito dire sei sano come un pesce ma sei intelligente come un pesce scommetto che non lo avete mai sentito esclamare a nessuno, anzi, si ritiene che si tratti di una specie caratterizzata da uno spiccato deficit di attenzione e stupidità.
Una credenza errata, smentita da una recente ricerca: “Parallel Mechanisms for Visual Search in Zebrafish“,coordinata da Michael J. Proulx (psicologo del Crossmodal Cognition Lab, dell’Università di Bath, nel Regno Unito).
Lo studio intendeva analizzare la capacità del pesce zebra (noto anche come Danio rerio), di riconoscere gli oggetti.
Ad undici esemplari di questo minuto ciprinide abitante dei corsi d’acqua asiatici, sono stati sottoposti dei cerchi colorati su un monitor di un computer, stimoli visivi somministrati nell’arco di sei giorni.
I ricercatori hanno insegnato ai pesci prima ad associare il cibo ad un disco rosso, che in seguito hanno confuso con gli altri dischi.
Cosa è emerso? Che nonostante le dimensioni e la struttura estremamente semplice del cervello, il pesce zebra ha mostrato la capacità di riconoscere il proprio bersaglio con sicurezza, e senza diminuire la velocità di reazione.
Una scoperta sorprendente secondo il dottor Proulx poiché a differenza di quanto si possa pensare, l’operazione visiva necessita di una onerosa potenza di calcolo per poter individuare oggetti simili in un ambiente affollato.
Un risultato che ha implicazioni in campo neurobiologico, dato che apre la strada allo studio del codice neurale che permette agli umani di concentrare la propria attenzione.
Dunque la somiglianza tra il modo in cui gli esseri umani e i pesci elaborano gli stimoli visivi conduce ad un’area di ricerca che fa ben sperare, in termini di cure di disturbi quali il deficit di attenzione o le conseguenze dell’ictus celebrale.
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