Platica nei mari: un danno ingente per l’ecosistema

Dal 30 gennaio 2020, il Mondo, a fasi alterne, si è trovato immerso nel disagio generato dall’esigenza di gestire una pandemia.

Ad ottobre 2020 si parla già di inquinamento prodotto dall’abbandono selvaggio sulle spiagge prima, per le strade ora, di mascherine e guanti imposti dalle disposizioni anti Covid.

Ma sappiamo quanto le particelle costituite principalmente da polietilene e polipropilene, che volgarmente chiamiamo plastica, incidano pericolosamente sull’ecosistema?

Che cos’ è la Great Pacific Garbage?

La Great Pacific Garbage, nota, più in generale, come Pacific Trash Vortex, è una delle sette discariche di plastica galleggianti che popolano i nostri oceani. Si tratta di vere e proprie isole dalle dimensioni ancora incerte ma macroscopiche e in continua espansione, di rifiuti che si formano tramite correnti circolari d’acqua che raccolgono e concentrano gli scarti plastici prodotti dall’uomo.

La parte visibile in superficie, tra l’altro, è solo una piccola parte dell’intero. Il missing plastic problem, ovvero il problema della plastica mancante, denuncia un sistema biochimico marino già fortemente compromesso. La spazzatura, infatti, affonda in profondità sotto le grandi isole del Pacifico e si mescola con i sedimenti naturali, attraverso un processo denominato biofounding.

Quali sono le conseguenze?

Il mondo produce 300 milioni di tonnellate di plastica all’anno, ci sono 5 miliardi di pezzi di plastica negli oceani e il 90% degli animali marini ne ha ingerito qualcuno.

Un team di ricercatori della Noaa, guidati da Matthew Savoca, ha effettuato dei test sulle acciughe, dimostrando come i pesci fossero attratti dall’odore rilasciato dalla plastica quando si disgrega ed inizia a mescolarsi con l’acqua salata, poiché assomiglia al krill. Questo odore cattura l’interesse di numerose specie di pesci che così ingeriscono i rifiuti.

C’è poi un altro problema legato alle forme di vita allo stato larvale che abitano le pozze oleose, ricche di particelle organiche, degli oceani: in esse, oltre a pesci e nutrimento, ci sono anche microplastiche e piccoli pezzetti di spazzatura prodotta dall’uomo in quantità così elevata da essere ingerita dalle stesse larve, sin dai primi giorni vita.

Questo ha un impatto catastrofico sulla loro crescita perché, se il primo pasto di una larva è la plastica, il suo destino è la morte.

Come dice Boyan Slat, il ragazzo olandese che si era lanciato nella grande sfida di ripulire gli oceani con la sua startup : “Andare sott’acqua è la cosa che più si avvicina ad un astronauta. Non vedo l’ora di immergermi e di non incontrare plastica. Questo è il mio sogno.”