Sempre di più si parla di pesca sostenibile e rispetto dell’ecosistema marino. La pesca industriale è una delle principali minacce per lo stato di salute del mare, dopo l’inquinamento dovuto alla plastica e all’innalzamento della temperatura degli Oceani. In ogni caso, alcuni metodi di pesca, risultano essere meno invasivi rispetto ad altri: l’ecosistema infatti li tollera meglio e i rischi sono quindi minori. La variabile da tenere sempre in considerazione resta però la zona in cui si andrà ad operare, che non dovrà essere sovra-sfruttata come si può evincere dal Codice di condotta per la pesca sostenibile della FAO.
Quali sono dunque i metodi di pesca sostenibile?
La pesca a canna si posiziona prima in classifica: essa infatti evita del tutto il problema dei rigetti. Il pesce che non serve per il consumo viene subito rilasciato in mare, conservando solo quello che verrà poi commercializzato. I costi tuttavia restano molto alti rispetto a tecniche più massive, e proprio per questo resta ancora un metodo poco diffuso.
Le reti a circuizione invece sono un metodo di pesca utilizzato a livello industriale: esso consiste nella cattura di ingenti quantità di pesce tramite grandi reti. Viene considerata un tecnica con selettività accettabile solo se inferiore al 10% quindi quando non si utilizzano altri dispositivi che incentivino l’aggregazione dei pesci.
L’impatto più negativo per l’ecosistema marino è dato dal Fish Aggregating Device, FAD per gli addetti ai lavori: questo consiste nel fissare delle boe a blocchi di cemento nel fondale marino in modo da attirare grosse quantità di pesce. La selettività è nulla: è stato stimato che questa tecnica attiri almeno trecento specie marine diverse, la cui maggior parte viene poi rigettata in mare perché non remunerativa sul mercato.
Un’altra tecnica poco selettiva e dannosa per i mari è quella delle reti da traino. Ne esistono di due tipi: una a contatto con i fondali, nota anche come pesca a strascico che danneggia coralli e vegetazione; e un’altra, il cui traino è legato al peschereccio. Anche in questo caso molti pesci vengono rigettati in mare perché poco commercializzatili e sebbene le segnalazioni da parte di Greenpeace siano già state molte nel Mediterraneo è ancora possibile praticarla.